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Dogodilo se na današnji dan...27. prosinca 1647

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27. prosunca - NIKOLA ZRINSKI POSTAVLJEN ZA HRVATSKOGA BANA

POSTAVLJEN ZA HRVATSKOGA BANA

Grof Nikola Zrinski, hrvatski vojskovođa i ban, rodio se 1. svibnja 1620. u Čakovcu.

Zajedno s mlađim bratom Petrom učio je humanističke znanosti u Grazu, a zatim retoričke znanosti u slovačkoj Trnavi.

Nikola

Petar

Nakon punoljetnosti braća su svoje posjede podijelila na jednake dijelove, zadržavši suvlasništvo u Čakovcu i Ozlju.

Čakovec

Ozalj

Nikola je uglavnom boravio u Čakovcu i onda je uspostavio vrlo tijesne veze s mađarskim plemstvom.

Svjestan svoje pripadnosti hrvatskome narodu, a kao ban služio se i hrvatskim jezikom, ipak je postao istaknuti mađarski pjesnik i prozni pisac.

Zauzimao se za stvaranje domaće stajaće vojske, prema švedskom uzoru, koja bi sama mogla osloboditi zemlju od Turaka.

Godine 1646. sudjelovao je, na kraljev zahtjev, u završnim bitkama Tridesetogodišnjeg rata i bio za hrabrost odlikovan naslovom generala sviju hrvatskih četa.

Već je 27. prosinca 1647. postavljen za hrvatskoga bana, a 14. siječnja 1649. ustoličen u Hrvatskome saboru.

Nadajući se skorom ratu, 1661. izgradio je na utoku Mure u Dravu tvrđavu Novi Zrinj.

Za rata se, od 1663. do 1664., istaknuo kad je kraj Osijeka spalio znameniti most cara Sulejmana Drugog.

To je pronijelo njegovo ime širom Europe te mu je francuski kralj Louis XIV. poslao na dar 10.000 talira.

Međutim, stalni sukobi oko vođenja ratnih operacija doveli su do razaranja Novog Zrinja.

Taj je događaj snažno djelovao na Nikolu te se s još većom odlučnošću uključio u potajnu djelatnost svoga brata Petra i njegove žene Katarine.

Postao je središnjom osobom u uroti protiv austrijskog cara Leopolda Prvog, ali prije nego što je uspio razviti veću djelatnost smrtno je stradao od razjarenog vepra u lovu 18. studenoga 1664. kod Kuršeničkog luga u Međimurju.

Ostalo je, međutim, zauvijek pitanje: Je li stradao baš od vepra?!

(Na suvremenoj grafici iz Joanneuma, nastaloj neposredno nakon pada Sigeta 1566. godine, Nikola Zrinski izgledom je sličan njemačkom pješačkom časniku ili još poznatijem Landsknechtu.

Autor je sa samo dva detalja dao naslutiti kako je riječ o Hrvatu ili Mađaru - Zrinski na glavi nosi kapu sa razrezom na obje strane i ukrasnom čelenkom, i naoružan je s krivom sabljom, karakterističnim oružjem ratnika s istokaEurope.)

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KOMENTARI

  • 27.12.2018. 15:41h

    Član emilio-iiMerlin0

    A o-ustaštvu....

    Ako i nakon "svega" ili i poznatog "svijet vam to nikada neče pružiti" i dalje istrajavamo na gore onda bismo si i na prste trebali izračunavati kaako je dolje!

    ....čak ni "Ti-to" nije znao ništa ili i sudeči po "ustajte vi zemaljsko roblje vi sužnji koje mori glad"?

    Krleža je bio "izvanredan" tek u "bolnici" ali ostaje pitanje je li Tito bio Svijestan po "šta sve ovo znači" i je li Cioran znao da "društvo u kojem živimo ima samo jedan jedini cilj a to je da nas uništi"!?

    Dakle kada bi pošli i od savremenog nam LipTona pa se nadovezali na Raspad Yugoslaije ali i u Kontekstu koji je dakako bio Prisutan i svo vrijeme ali ne i u našoj Svijesti:

    *****

    Come promesso tempo addietro riporto parte del dialogo avuto con Carlos Castaneda. Dal momento che non mi è stato possibile registrare nulla, tutto ciò che scrivo è frutto della mia memoria e di alcuni appunti presi subito dopo, quindi potrebbero esserci delle imprecisioni sulla dizione corretta delle parole di Castaneda, ma non il senso e la coerenza.

    “La difficoltà maggiore che ho trovato con Don Juan, come credo l’abbia trovata tu con Martin è stato capire il lessico, non propriamente oggetto di verbalizzatone tra studiosi di qualunque disciplina” Così iniziò Castaneda.

    “Il linguaggio usato da Don Juan era decisamente fuori da ogni logica a me conosciuta e per capirlo ci misi tempo. Solo successivamente lo stesso linguaggio mi divenne familiare ed io stesso non riuscivo più ad esprimermi come antropologo, ma come sciamano.

    “Una delle affermazioni che mi spaventarono di più fu quando Don Juan mi disse che “Non ci sono volontari sulla via del guerriero, una persona deve essere costretta a seguirla contro la sua volontà”.

    Ricordai che anche Martin mi “obbligò” con uno stratagemma a divenire un suo discepolo. Il sistema cognitivo dell’iniziato è molto diverso da chi non lo è. Se non si apprende quel sistema ogni parola detta dal Maestro o dallo Sciamano suona vuota e incomprensibile.

    La razionalità che potrebbe spingere un uomo o una donna a seguire la Via non sono mai le autentiche motivazioni, sono solo le scusanti che ciascuno si da per percorrere un sentiero che ad altri appare folle.

    “Quando tu hai seguito Martin, ti sei assunto la responsabilità di guidare gruppi, eppure non sapevi nemmeno cosa significasse. La stessa cosa valse per me, quando Don Juan mi suggerì di essere mentore di qualcuno”.

    “L’essere umano è percettivo, ma non sa cosa percepire. Il discepolo di qualunque Via deve imparare a conoscere cosa percepire”. Disse ancora Castaneda.

    Martin mi aveva detto di non avere mai aspettative al fine di non cadere nella trappola della disillusione.

    “La saggezza non deriva direttamente dal distacco, piuttosto dal considerare che il distacco è fonte di saggezza” Proseguì Castaneda.

    “Nel corpo umano sono presenti abilità che le persone nemmeno sognano, eppure è proprio in esso che esse vivono e si rappresentano. Tu potresti avere avuto da Martin un insegnamento silenzioso, ma il tuo corpo lo ha assorbito”. Disse sorridendo Castaneda.

    In effetti mi capitò più di una volta vedere Martin compiere strane azioni e poi sentirmi dire “Hai visto? Rifallo tu ora!”

    Non era affatto semplice ripetere ciò che avevo appena visto, ma Martin sosteneva che ero un imitatore dell’invisibile e che quindi avrei potuto fare ciò che aveva appena fatto lui.

    Mi ci vollero anni per eseguire alcuni esercizi, ma alla fine improvvisamente riuscii con facilità e senza sapere come mi era riuscito.

    “Io ero grasso e fumavo, ascoltavo senza sentire, ma Don Juan non si preoccupava minimamente di questo. Ma un giorno iniziai a perdere peso e smisi di fumare, mi aveva tratto in inganno per ottenere il meglio da me e di me” Disse Castaneda.

    Fortunatamente non sono mai stato grasso! E del fatto che fumassi a Martin non importava nulla. “Tanto un giorno o l’altro smetterai” Diceva Martin.

    “Ci sono persone che vivono in uno stato di disagio perché trattengono cose inutili, ma la paura di rinunciare ai benefici che quelle cose danno loro impedisce di staccarsene. Pensa che potrebbero farlo in una frazione di secondo”. Proseguì Castaneda.

    Nei miei seminari definisco quelle cose i vantaggi secondari.

    “Ad un guerriero, la follia controllata gli permette di compiere qualunque azione. Ad un’osservazione superficiale certe azioni potrebbero sembrare cattive, ma per il guerriero sono solo azioni di potere e questo è il solo motivo per cui le compie. E’ ininfluente il fatto che altri possano pensare siano cattive. In realtà non possono esserlo perché diversamente non sarebbero potute avvenire” Continuò Castaneda.

    Diversamente Martin mi suggeriva di pensare che se una azione che avessi voluto compiere l’avessero compiuta a me come ci sarei rimasto?

    Ma questo era l’insegnamento del Cristo, diverso da quello Sciamanico Tolteco seguito da Don Jaun. Anche se lui non accettava la vendetta ma suggeriva l’agguato per pareggiare i conti.

    “Secondo Don Juan è l’Aquila a stabilire se il guerriero è meritevole oppure non lo è. E solo affidandosi all’intento ci si allinea quello dell’aquila”. Disse Castaneda.

    “Vi è un solo punto a sfavore dello sciamano, il fatto che se anche vivesse cent’anni non conoscerebbe tutto della vita poiché essa è immersa in una infinità di dimensioni. Può però sfilare oltre l’aquila quando se ne va da questo mondo e compiere tutte le scelte che non ha compiuto in vita con il corpo fisico”. Continuò Castaneda “Anche se sono esistiti sciamani che per acquisire maggiore consapevolezza sono riusciti a vivere oltre mille anni. Terminò Castaneda.

    Martin sosteneva che tutto ciò che viviamo con il corpo fisico ce lo portiamo appresso dopo la morte, per questo insisteva di morire consapevolmente. “Solo in questo modo non si avranno rimpianti che ti sbattono nuovamente in un corpo fisico”.

    “La collera che proviamo verso qualcuno ci costringe a dare loro importanza. Ma questo ci limita nel percepire l’infinito. E un giorno saremo tutti chiamati a percepirlo, quindi meglio risparmiare l’energia che si pone nella collera per facilitarci questo compito”. Spiegò Castaneda.

    MI trovò d’accordo anche se in certi momenti controllare la collera non mi era del tutto facile….

    D'altronde la Via che percorrevo non era affatto facile. Certamente l’aiuto di Martin è stato essenziale, ma senza la mia buona volontà nessun aiuto avrebbe potuto condurmi a capire. “Capire è tutto ciò che devi fare, il resto è solo una logica conseguenza.“ Diceva Martin.

    “Capire è sapere” Disse Castaneda “Il sapere in questo senso, per il guerriero, è qualcosa che arriva improvvisamente, lo avvolge e poi svanisce. Ma rimane la consapevolezza” Aggiunse Castaneda.

    “Per seguire il sentiero del sapere occorre molta immaginazione. Dal momento che nulla è chiaro occorre far fluire l’immaginazione e da essa trarne le deduzioni. Ma occorre sobrietà e umiltà”. Continuò Castaneda.

    Martin sosteneva che l’umiltà era una qualità da coltivare, diversamente l’orgoglio e la presunzione dovevano essere lasciati.

    Questa è solo una parte del discorso fatto con Carlos Castaneda. Nel 1992 a Los Angeles.

    Mi riprometto di continuare il dialogo nei prossimi articoli.

    Un saluto a tutti

    Paolo Oddenino Paris


    DIALOGO CON CARLOS CASTANEDA - seconda parte -

    “Nei miei tredici anni trascorsi con Don Juan, ho dovuto impegnarmi moltissimo per capire la distinzione che egli faceva della follia ordinaria e di quella controllata. Tutti secondo Don Juan siamo folli, ma senza saperlo. Il guerriero sapendolo è in grado di controllare la sua follia” Disse Castaneda.

    “La follia è data dal credere che ciò che ci appare sia reale e comportarci di conseguenza”. Continuò.

    “Ma se per un solo attimo ci si accorgesse che nulla di ciò che vediamo è reale ma solo una manifestazione dell’energia, allora avremmo la possibilità di manipolare l’energia, trasformarla e renderla utile per ogni cosa.” Disse ancora.

    Martin mi aveva accennato più volte questa possibilità, ma dicendo anche che l’energia così concepita era tale solo per chi la vedesse.

    Quindi dissi a mia volta :”L’energia sicuramente potrebbe essere usata in modo più proficuo, ma solo da coloro che la vedono. Tutti gli altri dovrebbero o imparare a vederla, cosa che ritengo difficile, se non altro per mancanza di istruzioni e per di più chi non la vede dovrebbe affidarsi a chi invece la vede ma diverrebbe un atto di fede”

    “No, non sarebbe fede, ma fiducia. In ogni caso sarebbe la stessa cosa, ci si dovrebbe affidare a chi la vede. Ma con quale certezza la persona normale lo farebbe? Domando Castaneda.

    “Credo solo chi si affiderebbe al veggente”. Dissi.

    “Già e chi sarebbero queste persone? Te lo dico io, tutti quelli che si affiderebbero a qualunque tipo che prometterebbe loro dei vantaggi. Ma non sarebbero disposti a fare nulla per averli. Forse pagherebbero, ma non è questo il punto, molti imbroglioni si fanno pagare per leggere il futuro, nascerebbero i veggenti come le formiche. Gente in malafede che approfitterebbe della credulità di molti.” Affermò Castaneda.

    “E allora come sarebbe possibile trasmettere una conoscenza di questo genere senza incorrere negli imbroglioni?” Chiesi.

    “Tu lo stai già facendo. Non preoccuparti di coloro che non intendono seguire la Via che hai percorso tu. Lascia che a te vengano coloro che sentono un fuoco interno. Saranno loro i veri veggenti. Tutti gli altri…vivranno la vita da un altro punto di vista, quello dei ciechi o dei sordi oppure dei fideisti, che in fondo è la stessa cosa” Affermò con forza Castaneda.

    “Quando decisi di scrivere il mio primo libro non avevo la minima idea che avrebbe avuto il successo che ha avuto. In realtà me lo suggerì Don Juan. Me lo disse perché prendevo un sacco di appunti. E quando gli chiesi cosa ne avrei fatto, dato che in fondo ciò che facevo lo facevo senza leggere nulla, mi disse di scrivere un libro. Ed io lo feci.” Disse sorridendo Castaneda.

    “Scrivine uno anche tu” Continuò “Poi vedi cosa succede.

    Ne scrissi subito uno. Poi altri due e infine altri ancora. Ma nessuno fu mai tradotto in altre lingue se non ultimamente in Croato e Ungherese…

    Dei primi libri ne furono vendute migliaia di copie degli altri molti meno. La casa editrice rifiutava di farli tradurre, nonostante il guadagno che ne avrebbe avuto. Misteri dell’editoria…ecco cosa è successo!

    Ora sto per pubblicare con la mia casa editrice altri volumi…vedremo cosa succede.

    “Tornando all’energia”- proseguì Castaneda – “Essa è in continuo movimento. Sta a noi dirigerla dove meglio crediamo. Ma rispettando la volontà dell’aquila, che per te sarebbe il Cristo. Non siamo in grado di determinare nulla se non la nostra inappuntabilità. E questo è il compito del guerriero. Nulla di più. Quando lo ha svolto in modo inappuntabile è felice e non chiede null’altro alla vita. Terminò Castaneda.

    “Martin mi ha insegnato che l’inappuntabilità, come la definisci tu, è determinata dal corretto pensare, corretto parlare e dal corretto agire” Dissi.

    “E’ solo un altro modo per definire la stessa cosa. Ma va benissimo. Naturalmente per il guerriero, altri non sarebbero in grado di seguire questi principi. Leggi cosa scrivono i giornali, è comunicazione. Ti pare sia autentica?” Concluse Castaneda.

    “No certo, ma forse scrivono ciò che il pubblico vuole leggere” Dissi.

    “Neanche per sogno. Scrivono ciò che vogliono il pubblico creda” Mi corresse Castaneda.

    “Non solo, ma certe informazioni sono programmate da mesi e hanno il compito di veicolare il pensiero, le scelte, le intenzioni e quant’altro è possibile trasmettere ad un pubblico scevro da conoscenze specifiche” Disse Castaneda.

    “Sono d’accordo, ma non tutti sono disponibili a credere a ciò che dice un giornale..” stavo dicendo quando mi interruppe per dire:” Ma se su di te hanno scritto l’inverosimile, eppure molte persone hanno creduto a quanto letto. Cosa ti fa pensare questo? Chiese Castaneda.

    “Che esistono persone senza cervello…” dissi un po’ amareggiato.

    “Il cervello lo hanno, solo che non lo sanno usare, oppure lo usano per scopi diversi da come ci si aspetterebbe, ossia scrivere sempre la verità. Terminò Castaneda.

    “Don Juan sosteneva che la verità spaventa. Per questo vi sono pochi guerrieri anche se diventano tale non è una scelta, ma un fatto determinato da un agguato del nagual” Disse Castaneda

    “Infine la verità è un fenomeno scomodo. Le persone preferiscono vivere i sogni. Prova a svegliare uno che non vuole svegliarsi e dimmi se è possibile.” Disse Castaneda.

    “Non ci provo nemmeno” Risposi.

    “Ecco vedi? Non ci proveresti nemmeno. Allora come puoi pensare che le persone vogliano vedere? Vedrebbero la verità e questo è proprio ciò che evitano costantemente”. Sostenne Castaneda.

    “L’energia non è la sola cosa che non vogliono vedere, ma loro stessi, le loro debolezze i loro sprecchi, i loro pensieri più nascosti. Senza contare tutto il mondo che si sono creati senza nemmeno sapere come hanno fatto” Terminò Castaneda.

    “La prima volta che mi hai visto non hai visto solo il mio corpo, ma la mia energia. Ed io ho visto la tua. Ricordi alla stazione del metrò a Città del Messico? Domandò Castaneda

    “Certo che lo ricordo, ma fui colpito dal vestito…e poi dal tuo sorriso. Quando mi hai sorriso ero certo che fossi tu” Dissi

    “Il vestito, certo e anche dalle scarpe. Si può vedere tutto in diversi modi e tu hai scelto quello, ma solo in quel momento. Se mi avessi visto in un altro momento avresti visto la mia energia…che so, dai miei guanti o dal mio cappello. Abbiamo spesso bisogno di una scusa per vedere…e ciascuno ha la propria. Io vedo perché Don Juan mi ha fatto trabocchetti inimmaginabili e prendere sostanze allucinogene, ma poi ho visto perché sapevo come farlo. Precisò Castaneda.

    “Guardati attorno e dimmi se vedi una sona persona che sia in grado di vedere? Mi invitò Castaneda.

    Mi voltai verso la via principale, passavano decine di persone, ma nessuno mi diede l’impressione che sapesse vedere.

    “Non vedo nessuno che…” Appunto. Nessuno!” Mi interruppe Castaneda.

    “Eppure saranno passate almeno cento persone”. Disse ancora.

    “Tu mi hai detto che scegli le coppie per certi lavori, come fai? Domandò Castaneda.

    “Osservo l’energia delle persone e poi le metto insieme due a due” Risposi.

    “Bene. Osservi l’energia. Cosa ti dice che quelle persone lavoreranno bene insieme? Domandò ancora Castaneda.

    “Il fatto che la loro energia o è simile o complementare” Risposi.

    “Ottimo, così crei coppie e poi lasci a loro il compito di capirsi. Credo che nessuno si sia mai domandato come hai fatto, ma lavorando insieme hanno scoperto le loro qualità, simili o complementari. E questo è un lavoro che solo chi vede può fare. Nessun altro. Don Juan mi raccomandava spesso di non mischiare la mia energia con persone che avessero energia molto disarmonica. Ed io ho sempre seguito questo consiglio. A te che hai a che fare con molte più persone, posso solo dirti di essere attento a chi darai compiti di responsabilità, dato che non potrai fare tutto da solo. Terminò Castaneda

    Quanto aveva ragione!

    Alla prossima….

    Paolo Oddenino Paris


    DIALOGO CON CARLOS CASTANEDA - TERZA PARTE


    “Come sai, la realtà che ci circonda è una pura illusione” disse Carlos Castaneda: “Ma nonostante questo continuiamo a servirci di essa, diversamente non avremmo un altro modo di vivere”.

    “Concordo” dissi io, “vi è però un elemento di questa illusione che, pur permettendoci di vivere intimamente con essa, è particolarmente dissonante: riconoscere l’illusione e servirci di essa per sopravvivere”.

    “Tutti sopravvivono” Riprese Castaneda: “Ma non tutti sono consapevoli che la sopravvivenza non è che un ricordo. Le persone vivono nel loro passato e del loro passato, quasi nessuno vive nel presente”.

    “Sono d’accordo anche su questo” Ripresi io “Ma come è possibile secondo te lasciare il ricordo e permanere sempre e solo in tempo presente?”

    “Non è necessario lasciare il ricordo, la formula sarebbe di non servirsi di esso, ma anche questo è difficile poiché tutti, indistintamente, fanno del ricordo un modo mediante il quale proiettarsi nel futuro. Prendi un imprenditore, per esempio, si servirà sempre del ricordo di elementi che lo hanno soddisfatto per reiterare i propri progetti”.

    “Vero” Ripresi io “Ma noi non siamo imprenditori, non nel senso comune del termine…anche se tu, con il tuo comportamento, hai fatto dello scrivere un’imprenditoria…”

    “Cosa fai, mi sfotti? Io ho scritto perché me lo ha suggerito il mio mentore Don Juan e se poi i miei libri hanno avuto successo…beh non era nelle mie intenzioni farne un AFFARE…ti è chiaro questo?”

    Sorrisi: “Ti sei sentito toccato? Non era mia intenzione discutere i tuoi lavori, solo comprendere come riesci a seguire la Via che hai scelto essendo diventato famoso in tutto il mondo?”

    “E chi mi conosce? Tu adesso, i miei compagni di lavoro sciamanico e…chi altri? Sai, di me dicono cose assolutamente fuorvianti. Io vivo secondo la regola che mi ha dato don Juan…e tu?

    “Secondo quella che mi ha dato Martin!” Dissi sorridendo.

    “Appunto. E tutto questo ci porta fuori dalla realtà illusoria anche se ce ne serviamo, d’altronde…mettiamo benzina tutti e due per viaggiare…”

    “E paghiamo le tasse!” Dissi un po’ ironico.

    “Forse si forse no….nessuno mi conosce, nessuno sa dove vivo…però le tasse le pago…” Disse Castaneda quasi tristemente.

    “D’altronde, per seguire don Juan, ho pagato molto di più che qualunque tassa, è però vero che ho ricevuto molto di più di chiunque abbia pagato milioni di dollari di tasse!”

    “Anch’io ho pagato qualcosa a Martin…pizze,viaggi, spaghetti aglio olio e peperoncino…ma ciò che mi ha dato lui, nessuno al mondo avrebbe potuto darmelo”. Confermai a mia volta.

    “A volte mi chiedo se siamo fortunati…ma non credendo nella Dea bendata, ritengo che la vita come la viviamo noi sia l’unica possibile”. Disse Castaneda guardando lontano.

    “Eppure…ti direbbe don Juan” Dissi sorridendo.

    “Eppure…non abbiamo avuto scelta!” Disse Castaneda con decisione.

    Qui termino. Alla prossima.

    Paolo Oddenino Paris

    Dialogo con Carlos Castaneda – 4° parte


    “Secondo la tradizione Tolteca è la forma a tenerci imbrigliati nell’illusione di questa dimensione. Quando il guerriero perde la forma può schizzare ovunque, libero da ogni dipendenza”. Disse Castaneda.

    “Sono d’accordo” Dissi io ed aggiunsi: “Il fatto è che la maggior parte delle persone sono molto affezionate alla loro forma e questo le tiene inchiodate in una illusione ancora più forte, poiché credono addirittura di essere LA forma”.

    “Non è una novità. Ma io mi riferivo ai guerrieri e non alla maggior parte delle persone…” Disse sorridendo Castaneda rimarcando le ultime parole.

    “E’ vero” Ammisi: “Il tuo era un riferimento ben preciso e non certo generalizzato…” Dissi infine.

    “Per la maggior parte delle persone la forma è invece importante, considerando inoltre che non hanno altro a cui fare riferimento. Noi ci riferiamo all’Aquila, tu al Kaitè, ma sappiamo bene che è solo un modo di dire e che in realtà sono la stessa cosa: l’infinito e l’eternità”. Disse Castaneda per ribadire che le due Vie, pur partendo da presupposti lontani, erano in realtà molto simili tra loro.

    “Chi segue un percorso Spirituale, ovunque sia e da qualunque angolazione provenga, credo che alla fine si ritrovi sempre d’accordo con tutti gli altri”. Dissi a conferma.

    “Sì” Riprese Castaneda: “Purché il percorso non sia manipolato da un individuo che presuppone ad esso un dogma. In questo caso non sarebbero validi né il percorso e nemmeno il presunto maestro”. Disse Castaneda dicendo il termine “maestro” in tono ridicolo. Infatti iniziò a ridere ed io di conseguenza.

    “Don Juan era un Maestro dell’agguato”. Riprese Castaneda: “A me ne ha fatti diversi per farmi smettere di parlarmi addosso e di iniziare a capire il Dono dell’Aquila. Nei miei libri parlo solo delle persone che hanno seguito la Strada e non faccio il minimo riferimento a coloro che ci hanno provato, ma che alla fine hanno desistito. Credo che anche a te sia capitato di vedere qualcuno iniziare la Via e poi, senza un motivo autentico, cessare. È così?” Domandò.

    “Esattamente”. Risposi: “Più di una persona ha iniziato e poi lasciato, ma credo cercassero tutti solo il potere e non la Conoscenza”. Terminai.

    “In fondo è la seduzione più forte. Tutti vorrebbero saper fare cose straordinarie, ma pochi hanno la pazienza di seguire correttamente e con buona volontà un percorso che contempla il potere solo a condizione che…non lo si cerchi!” Disse infine Castaneda sorridendo per il paradosso.

    “In realtà” Dissi: “Anch’io fui sedotto dai poteri del mio Maestro. Ma certe cose le sapevo già fare e quindi non sono caduto nel tranello, ma non per questo mi sento un eroe, se mai per aver sopportato le stravaganze di Martin, che in certi momenti erano veramente assurde. Ma si sa, ciascuno ha il Maestro che si merita”. Terminai sorridendo.

    “Beh, anche i Maestri hanno gli allievi che si meritano…Non ti sembra?” Mi domandò Castaneda.

    “Mi stupisco ancora quando vedo migliaia di persone seguire un qualsiasi “guru” Indiano. Questi potrebbe dire le più assurde stupidaggini, ma migliaia di persone lo seguono”. Dissi.

    “Certo” Proseguì Castaneda: “Ma guarda chi li segue. Persone che non hanno il coraggio di assumersi nessuna responsabilità, che demandano al guru le loro scelte, che ogni decisione è frutto di una risposta ricevuta e mai di una loro presa di coscienza. Ma noi…siamo stati fortunati…oppure il Maestro autentico ce lo siamo conquistato? Non mi rispondere subito. Finiamo di bere la limonata”. Disse infine Castaneda.

    Qui termino quest’altra parte del dialogo avuto con Carlos Castaneda*****

                                                         "!O'O?"

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